In questo articolo faremo una panoramica normativa e giurisprudenziale della comparsa di costituzione e risposta. L’intento è quello di esporre tutti i concetti essenziali e di schematizzarli in modo chiaro e semplice.

1. La nozione

La comparsa di risposta è l’atto con il quale il convenuto si difende, facendo valere i suoi diritti ed eccependo difetti formali o sostanziali di quanto affermato dall’attore nell’atto di citazione.

Ha una funzione principale e due eventuali:

  • paralizzare le affermazioni della controparte;

  • [eventuale] passare al contrattacco con una domanda riconvenzionale;
  • [eventuale] chiamare in causa un terzo.

I destinatari sono due:

  • I ‘Attore, tramite costituzione in giudizio;

  • Il Giudice, sempre tramite costituzione in giudizio;

2. Il contenuto

L’atto di costituzione e risposta, ex art. 167 c.p.c., deve contenere:

  • 1) le difese del convenuto, prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda;

  • 2) le generalità del convenuto, ivi compreso il codice fiscale (e l’indirizzo di posta elettronica certificata);
  • 3) i mezzi di prova di cui intende valersi;
  • 4) I documenti che offre in comunicazione;

  • 5) le conclusioni [c.p.c. 183, 189].

Inoltre, deve contenere a pena di decadenza:

  • 6) eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio;

  • 7) domande riconvenzionali;
  • 8) chiamata in causa del terzo.

In aggiunta, deve contenere integrata con i requisiti formali previsti, in via generale, dall’art. 125 c.p.c.

3. I termini

Il convenuto, ex art. 166 c.p.c., deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge [c.p.c. 82, 86], depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione, entro i seguenti termini:

  • 20 g. prima dell’udienza fissata ex art. 168-bis c.5.

  • 10 g. prima in caso di abbreviazione dei termini ex art. 163-bis;

  • 20 g. prima dell’udienza fissata nell’atto di citazione;

Solo il rispetto di tali termini consente di evitare le decadenze ex art. 167 c.p.c.

4. Le cause di nullità

La comparsa di costituzione e risposta, ex art. 167 c.p.c., è nulla se:

  • è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto;

  • è omesso o risulta assolutamente incerto il titolo della domanda riconvenzionale.

Quesiti giurisprudenziali

Di seguito una breve selezione di massime risolutive, suddivise per argomenti.

I. L’onere di “rispondere” ai fatti

Il convenuto, ai sensi dell’art. 167 c.p.c., è tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di “non contestazione” a seguito della modifica dell’art. 115 c.p.c., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, i quali debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata a negare genericamente la “sussistenza dei presupposti di legge” per l’accoglimento della domanda attorea, senza elevare alcuna contestazione chiara e specifica (Cass. civ., Sez.3, Sentenza n. 19896/2015 (Rv. 637316).

Il principio di non contestazione, con conseguente “relevatio” dell’avversario dall’onere probatorio, postula che la parte che lo invoca abbia per prima ottemperato all’onere processuale a suo carico di compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte è tenuta a prendere posizione, sicché la mancata allegazione del preciso luogo in cui si sarebbe verificato un sinistro stradale, dal quale l’attore sostiene di aver riportato danni, esonera il convenuto, che abbia genericamente negato il reale accadimento di tale evento, dall’onere di compiere una contestazione circostanziata, perché ciò equivarrebbe a ribaltare sullo stesso convenuto l’onere di allegare il fatto costitutivo dell’avversa pretesa (Cass. civ., Sez. 3, n. 3023/2016 – Rv. 639077).

II. Le deduzioni istruttorie

L’onere di contestazione in ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l’allegazione dei medesimi e, considerato che l’identificazione del tema decisionale dipende in pari misura dall’allegazione e dall’estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l’onere di contribuire alla fissazione del “thema decidendum” opera identicamente rispetto all’una o all’altra delle parti in causa, sicché, a fronte di una generica deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente non può che essere altrettanto generica, e pertanto idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte (Cass. civ., Sez. 3, n. 21075/2016 – Rv. 642939).

III. Le eccezioni

La questione relativa alla titolarità del rapporto controverso, attinente al merito della lite, non costituisce una eccezione in senso stretto, soggetta al regime decadenziale disciplinato nel sistema processuale, ma, involgendo la contestazione di un fatto costitutivo del diritto azionato, integra una mera difesa, sottoposta agli oneri deduttivi e probatori della parte interessata e, quando con essa introdotti nuovi temi di indagine, alle preclusioni connesse alla esatta identificazione del “thema decidendum” e del “thema probandum”, con l’ulteriore conseguenza che l’esclusione dal “thema decidendum” dei fatti tardivamente contestati – come tali inopponibili nelle fasi successive del processo – si verifica solo allorché il giudice non sia in grado, in concreto, di accertarne l’esistenza o l’inesistenza “ex officio”, in base alle risultanze ritualmente acquisite (Cass. civ., Sez. 3, n. 23657/2015 – Rv. 638095).

IV. L’eccezione e la domanda riconvenzionale

La distinzione tra domanda ed eccezione riconvenzionale non dipende dal titolo posto a base della difesa del convenuto, e cioè dal fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento, ma dal relativo oggetto, vale a dire dal risultato processuale che lo stesso intende con essa ottenere, che è limitato, nel secondo caso, al rigetto della domanda proposta dall’attore; di conseguenza, non sussistono limiti al possibile ampliamento del tema della controversia da parte del convenuto a mezzo di eccezioni, purché vengano allegati, a loro fondamento, fatti o rapporti giuridici prospettati come idonei a determinare l’estinzione o la modificazione dei diritti fatti valere dall’attore, ed in base ai quali si chiede la reiezione delle domande da questo proposte e non una pronunzia di accoglimento di ulteriori e diverse domande (Cass. civ., Sez. 3, n. 21472/2016 – Rv. 642956).

Mentre con la domanda riconvenzionale il convenuto, traendo occasione dalla domanda contro di lui proposta, oppone una controdomanda e chiede un provvedimento positivo, sfavorevole all’attore, che va oltre il mero rigetto della domanda attrice, mediante l’eccezione riconvenzionale egli, pur deducendo fatti modificativi, estintivi o impeditivi, che potrebbero costituire oggetto di un’autonoma domanda in un giudizio separato, si limita a chiedere la reiezione della pretesa avversaria, totalmente o anche solo parzialmente, al fine di beneficiare di una condanna più ridotta. Ne consegue che la mancata impugnazione della decisione di rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni per i vizi dell’opera appaltata, resa dal giudice di primo grado in considerazione della mancata prova dei fatti posti a fondamento di essa, comporta la sola preclusione di riproporre nel giudizio di appello l’esame di detta domanda, ma non determina l’abbandono dell’eccezione riconvenzionale, riproposta in sede di gravame, parimenti fondata su tali vizi e volta a confutare la pretesa attorea sotto il profilo del “quantum” (Cass. civ., Sez. 3, n. 4233/2012 – Rv. 621661).

V. La chiamata in causa di un terzo

In tema di chiamata in causa di un terzo su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario di cui all’art. 102 cod. proc. civ., è discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo, chiesta tempestivamente dal convenuto ai sensi dell’art. 269 cod. proc. civ., come modificato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353; conseguentemente, qualora sia stata chiesta dal convenuto la chiamata in causa del terzo, in manleva o in regresso, il giudice può rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo, motivando la propria scelta sulla base di esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo (Cass. civ., Sez. U, n. 4309/2010 – Rv. 611567).

Il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore nei confronti del terzo chiamato in causa dal convenuto opera solo quando tale chiamata sia effettuata dal convenuto per ottenere la sua liberazione dalla pretesa attorea, individuandosi il terzo come l’unico obbligato nei confronti dell’attore, in posizione alternativa con il convenuto ed in relazione ad un unico rapporto, mentre non opera in caso di chiamata in garanzia impropria, attesa l’autonomia dei rapporti. Tuttavia, anche in caso di rapporto oggettivamente unico, la presunzione su cui si fonda il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore al terzo chiamato (ossia che l’attore voglia la condanna del chiamato, pur avendo agito nei confronti del solo convenuto) non può operare se l’attore escluda espressamente che la propria domanda sia stata proposta nei confronti del terzo chiamato (Cass. civ., Sez. 2, n. 8411/2016- Rv. 639737).

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