• La Massima

La Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:

In tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche, la convivenza “come coniugi” – pur costituendo un elemento essenziale del “matrimonio-rapporto” ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione ed integrando una situazione giuridica di “ordine pubblico italiano” – non è di ostacolo alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità per vizi genetici del “matrimonio-atto” che siano a loro volta presidiati da nullità nell’ordinamento italiano; in particolare, tale limite non opera rispetto alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità per un vizio psichico che renda incapaci a contrarre matrimonio, corrispondente a quello pure previsto nell’ordinamento italiano dall’art. 120 c.c.

(Cass. Civ., Sez. I, Ord., 04/01/2023, n. 149).

  • Gli Argomenti trattati

- DELIBAZIONE (GIUDIZIO DI) - SENTENZE IN MATERIA MATRIMONIALE - EMESSE DA TRIBUNALI ECCLESIASTICI Convivenza "come coniugi" - Protrazione per almeno tre anni - Impedimento alla delibazione - Limiti - Conseguenze in tema di incapacità del coniuge..

  • I riferimenti normativi

- Legge 27/05/1929 num. 810 art. 34, Cod. Proc. Civ. art. 797 CORTE COST., Legge 25/03/1985 num. 121 art. 8, Cod. Civ. art. 120, Costituzione art. 29, Costituzione art. 7.

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