• La Massima

La Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:

L’efficacia di titolo esecutivo dell’assegno bancario è subordinata al rispetto dei requisiti di forma e contenuto dettati dalla legge, in virtù del combinato disposto degli artt. 50 e 51 del r.d. n. 1736 del 1933, richiamati dal successivo art. 55, comma 1; ne consegue che tale efficacia non compete all’assegno recante una data insuperabilmente incerta, impedendo quest’ultima di stabilire se il traente avesse la capacità di emetterlo al momento dell’emissione, oltre che di individuare la decorrenza del termine di presentazione per il pagamento. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo ad un assegno nel quale l’anno di emissione risultava essere stato corretto da “2015” a “2016”).

(Cass. civ., Sez. III, Ord., 02/03/2023, n. 6342).

  • La vicenda processuale

1. A.A. emise un assegno bancario all’ordine di B.B.. Quando l’assegno venne presentato all’incasso, la banca trattaria rifiutò il pagamento, rilevando una “irregolarità della data di emissione”. L’irregolarità consisteva in ciò: l’anno di emissione risultava essere stato corretto da “2015” a “2016”.

2. In conseguenza del mancato pagamento B.B. nel 2016 iniziò l’azione esecutiva nei confronti di A.A..

Quest’ultima propose opposizione al precetto, invocando l’intervenuta prescrizione del titolo esecutivo, ai sensi del R.D. 21.12.1933 n. 1736, art. 75 (il quale stabilisce che “il regresso del portatore contro i giranti, il traente e gli altri obbligati si prescrive in sei mesi dallo spirare del termine di presentazione”).

L’opponente assumeva che il titolo era stato emesso nel 2015, e che artatamente dopo la sua emissione la data era stata corretta indicando quale anno di emissione il “2016”.

3. Con sentenza 21.6.2019 n. 1128 il Tribunale di Padova rigettò l’opposizione.

Il Tribunale ritenne che:

-) non era possibile stabilire quando la data di emissione dell’assegno venne modificata;

-) dunque non era possibile stabilire se davvero l’assegno era stato emesso nel 2015, o se piuttosto la correzione fu apposta contestualmente all’emissione, per rimediare ad un lapsus calami;

-) ergo, non vi era prova che fosse maturato il termine di prescrizione.

La sentenza venne appellata dalla soccombente.

4. Con sentenza 11 novembre 2020 n. 3148 la Corte d’appello di Venezia rigettò il gravame.

La Corte d’appello ha così argomentato la propria decisione:

-) l’assegno “con alterazioni” va distinto dall’assegno “con correzioni”; il primo è quello modificato dopo la sua emissione; il secondo è quello emendato dallo stesso traente al fine di correggere un lapsus calami;

-) nel caso di specie non era possibile stabilire se l’assegno posto a base dell’esecuzione era stato “alterato” oppure soltanto “corretto”;

-) l’onere di provare che l’assegno era stato alterato gravava sull’opponente;

-) ergo, in difetto di prova dell’alterazione successiva all’emissione l’opposizione andava rigettata.

Infine, la Corte d’appello ha escluso l’applicabilità del R.D. 1736-33, art. 68 (secondo cui in mancanza di prove certe deve presumersi che l’alterazione sia successiva alla firma di traenza), affermando che questa norma si applica solo all’ipotesi di “alterazioni”, e non a quella di “correzioni”.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da A.A. con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.

B.B. ha resistito con controricorso.

  • I Motivi della decisione

1. Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del R.D. 21 dicembre 1933 n. 1736, artt. 1, 55 e 68.

Deduce la ricorrente che la Corte d’appello ha violato l’art. 68 della legge sull’assegno, là dove ha introdotto una artificiosa distinzione tra “alterazioni” e “correzioni” dell’assegno.

Sostiene che l’art. 68 cit. non contiene affatto tale distinzione; che un assegno il quale presenti alterazioni come quelle sopra indiate è per ciò solo privo di efficacia esecutiva, quale che sia la ragione o lo scopo delle modifiche scritturali; che per poter valere come titolo esecutivo un assegno “deve essere leggibile ed intonso in tutti i suoi elementi”, ivi compresa la data di emissione.

1.1. Il motivo è fondato.

La data è elemento essenziale dell’assegno, ed un assegno privo di data non ha l’efficacia del titolo esecutivo (combinato disposto degli articoli e 55 legge assegno).

Un assegno è privo di data sia quando la data non c’è, sia quando la data è illeggibile, sia quando la data è incerta.

L’incertezza della data, infatti, impedisce di stabilire sia se il traente avesse la capacità di emetterlo al momento dell’emissione, sia – soprattutto – la decorrenza del termine di presentazione per il pagamento, trasformando così l’assegno in uno strumento di credito (Sez. 1, Sentenza n. 828 del 03/05/1967, Rv. 326936 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 4013 del 21/10/1957, Rv. 880618 – 01).

Se si ammette che la data incerta equivale alla data mancante, ne discende che l’assegno con data incerta non ha valore di titolo esecutivo, in quanto l’assegno bancario è un titolo formale, e può acquistare l’efficacia del titolo esecutivo solo se soddisfa i requisiti dettati dalla legge quanto alla forma e quanto al contenuto, in virtù del combinato disposto degli artt. 50 e 51 della legge sull’assegno, richiamati dal comma 1 del successivo art. 55.

L’esistenza del titolo esecutivo costituisce la condizione necessaria per l’esercizio dell’azione (cambiaria) esecutiva e deve, indipendentemente dall’atteggiamento delle parti, essere sempre verificata d’ufficio dal giudice.

Questi, pertanto, dovrà dichiarare la nullità del precetto se risulti intimato sulla base di un assegno bancario privo di data, e quindi nullo come titolo di credito ed inesistente come titolo esecutivo (Sez. 3, Sentenza n. 1337 del 07/02/2000, Rv. 533564 – 01).

1.2. Nel caso di specie, pertanto, a fronte della rilevata incertezza della data di emissione dell’assegno, quest’ultimo si sarebbe dovuto ritenere privo di efficacia esecutiva.

Non condivisibile, per contro, è la distinzione operata dalla sentenza impugnata tra “alterazione” del titolo (come tale idonea a privarlo di efficacia esecutiva), e “correzione” del titolo, per contro inidonea a privarlo di efficacia esecutiva.

Questa distinzione non può essere condivisa per tre ragioni.

1.2.1. La prima ragione è che la suddetta distinzione è priva di fondamento normativo.

L’art. 68 l. ass. parla infatti genericamente di “alterazione del testo”, senza ulteriori distinzioni.

Ma anche a voler accedere all’opinione “liberale” (formatasi sulla identica previsione di cui al R.D. 1669-33, art. 88, l. camb.), secondo cui sarebbe possibile distinguere tra “alterazioni” e “correzioni” (così Sez. 3, Sentenza n. 4209 del 22/02/2010; Sez. 1, Sentenza n. 2717 del 25/06/1977; Sez. 1, Sentenza n. 1151 del 17/06/1950), ciò non renderebbe condivisibile la sentenza impugnata.

Questa Corte, infatti, ha individuato il criterio distintivo tra “alterazioni” e “correzioni” non già nello scopo o nell’autore, ma nella loro idoneità a ledere gli interessi degli obbligati cambiari.

In base a tale criterio possono ritenersi irrilevanti le sole alterazioni insuscettibili di pregiudicare gli obbligati diretti o di regresso, e rilevanti le altre.

E se in una vicenda pressochè identica a quella oggi in esame (correzione della data, maggiorandola di un anno) si è escluso che ciò facesse venir meno l’obbligazione cambiaria, ciò fu solo perchè in quel caso la correzione riguardò una cambiale, per la quale l’allungamento della data di scadenza giovava, invece che nuocere, al debitore (Cass. 1151/50, cit.).

Nel caso di specie, invece, l’incertezza della data dell’assegno era di per sè idonea a ledere gli interessi del traente, siccome impediva di stabilire se il credito cartolare fosse prescritto oppure no.

1.2.2. La seconda ragione è che in tema di titoli di credito astratti (quale è l’assegno) la letteralità è requisito dell’obbligazione, non del documento. L’incertezza del dato letterale rende di conseguenza incerta, e quindi inesistente, l’obbligazione.

1.2.3. La terza ragione è che il principio di letteralità su cui si fonda qualsiasi obbligazione cartolare non consente di distinguere tra modifiche apportate per errore, modifiche apportate intenzionalmente, modifiche giustificate da intenti lodevoli o modifiche giustificate da intenti inconfessabili.

Il principio di letteralità dell’obbligazione cartolare impone che qualsiasi modifica del contesto letterale del titolo, che riguardi elementi essenziali e che sia tale da renderli irrecuperabilmente incerti, fa venir meno l’esistenza stessa d’una obbligazione cartolare.

1.3. Il motivo va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, la quale in diversa composizione tornerà ad esaminare l’appello proposto da A.A. applicando il seguente principio di diritto:

“l’assegno bancario recante una sovrascrittura della data è inefficace come titolo esecutivo, quando la suddetta alterazione renda la data di emissione insuperabilmente incerta”.

2. Il secondo motivo di ricorso resta assorbito.

3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

  • P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

  • Gli Argomenti trattati

- TITOLI DI CREDITO - ASSEGNO BANCARIO - IN GENERE Assegno con data incerta - Efficacia di titolo esecutivo - Esclusione - Fondamento - Fattispecie..

  • I riferimenti normativi

- Cod. Proc. Civ. art. 474 CORTE COST., Cod. Proc. Civ. art. 615 CORTE COST., Regio Decr. 21/12/1933 num. 1736 art. 1, Regio Decr. 21/12/1933 num. 1736 art. 50 CORTE COST., Regio Decr. 21/12/1933 num. 1736 art. 51, Regio Decr. 21/12/1933 num. 1736 art. 55.

  • La fonte

- CED Cassazione

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