• La Massima

La Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:

La domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire, per mancato rilascio della garanzia fideiussoria ex art. 2 del d.lgs. n. 122 del 2005, non può essere accolta, per violazione della clausola di buona fede oggettiva e per carenza di interesse ad agire, allorché essa sia proposta dopo l’ultimazione dei lavori e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore o senza che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente, alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame.

(Cass. civ., Sez. II, Ord., 08/02/2023, n. 3817).

INDICE DEI CONTENUTI

  • La vicenda processuale

1.- Con ricorso depositato il 10 giugno 2013, A.A. e B.B. chiedevano al Tribunale di Monza che fosse ingiunto, nei confronti della Dalla Longa Srl , il pagamento della somma di Euro 50.000,00, a titolo di restituzione delle somme da essi versate in forza del contratto preliminare di vendita concluso in data 24 giugno 2011, avente ad oggetto un immobile da costruire, di cui si denunciava la nullità per omessa consegna della fideiussione di cui del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2.

Rilasciato il Decreto Ingiuntivo n. 4601 del 2013, depositato il 27 giugno 2013, notificato il 16 luglio 2013, la Dalla Longa Srl proponeva opposizione, chiedendo che il provvedimento monitorio opposto fosse revocato e che, in via riconvenzionale, previo accertamento dell’inadempimento dei promissari acquirenti alle obbligazioni assunte, fosse dichiarata la legittimità del recesso esercitato, con conseguente diritto ad incamerare la somma versata a titolo di caparra confirmatoria.

Si costituivano in giudizio A.A. e B.B., i quali resistevano all’opposizione e, per l’effetto, concludevano per il suo rigetto nonchè per il rigetto della spiegata domanda riconvenzionale.

Nel corso del giudizio era respinta l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, ai sensi dell’art. 648 c.p.c..

Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 60/2015, rigettava l’opposizione e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo opposto, disattendendo, altresì, la domanda riconvenzionale proposta dall’opponente. Con riferimento alla regolamentazione delle spese di lite, ne disponeva la compensazione integrale, ravvisando la ricorrenza di giusti motivi nel comportamento delle parti opposte, che per circa due anni avevano dato corso agli impegni contrattuali assunti con la stipulazione del preliminare.

2.- Con atto di citazione notificato il 7 luglio 2015, proponeva appello la Dalla Longa Srl , la quale, nell’ordine, prospettava i seguenti motivi di impugnazione: a) erronea, contraddittoria e carente motivazione in ordine alla valutazione della sussistenza dei presupposti per l’operatività della nullità indicata del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, stante che l’ultimazione dei lavori, al tempo in cui la nullità era stata fatta valere, sarebbe stata incompatibile con la previsione di una nullità di protezione; ed inoltre avrebbe determinato la carenza di interesse ad agire dei promissari acquirenti e l’abuso del diritto, alla stregua della exceptio doli generalis; b) l’omessa o carente motivazione con riguardo all’ammissibilità del procedimento monitorio, per assenza di declaratoria di nullità del contratto preliminare e conseguente inesistenza dei requisiti per l’adozione del decreto ingiuntivo; c) l’omessa o carente motivazione con riferimento al rigetto della proposta domanda riconvenzionale, atteso l’adempimento del promittente alienante e l’inadempimento dei promissori acquirenti, con il conseguente legittimo esercizio del diritto di recesso.

Si costituivano nel giudizio di impugnazione A.A. e B.B., i quali resistevano al gravame e spiegavano appello incidentale, nella parte in cui la sentenza di prime cure aveva disposto l’integrale compensazione delle spese di lite.

Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello principale e accoglieva l’appello incidentale e, per l’effetto, disponeva la condanna dell’appellante principale, in favore degli appellati, al pagamento delle spese sia del primo grado di giudizio sia del grado d’appello, confermando, per il resto, la pronuncia impugnata.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che la tutela prevista dal D.Lgs. n. 122 del 2005, si estendeva ai diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili per i quali, da un lato, fosse stato richiesto il permesso di costruire e, dall’altro, non fosse ancora avvenuta l’edificazione o la cui costruzione non fosse risultata ultimata, essendo in uno stadio tale da non permettere ancora il rilascio del certificato di agibilità; b) che, nel caso in disputa, si trattava di immobile da costruire e non di immobile sulla carta, posto che il costruttore aveva già richiesto il permesso di costruire in data 9 marzo 2011, prima della stipulazione del preliminare, essendo, al riguardo, irrilevante che successivamente a tale stipula fosse stata depositata una variante del progetto originario; c) che la norma mirava a tutelare il compratore da un’eventuale insolvenza, e in particolare dal possibile fallimento del costruttore, sicchè il contraente debole avrebbe dovuto essere garantito sino al momento del trasferimento della proprietà, atteso che l’insolvenza del costruttore si sarebbe potuta verificare anche nelle more del trasferimento; d) che la protezione accordata all’acquirente si estendeva sino al momento del trasferimento immobiliare e, pertanto, la tutela apprestata doveva essere riconosciuta anche nel periodo intercorrente tra l’ultimazione dell’opera e il passaggio di proprietà, soprattutto quando fossero stati versati ingenti importi o addirittura fosse avvenuto l’integrale pagamento del prezzo prima del rogito, e ciò indipendentemente dall’esistenza di un pericolo di insolvenza o dalla ricorrenza di una situazione di crisi del costruttore; e) che la nullità di protezione eccepita era insanabile e la relativa azione imprescrittibile, sicchè l’acquirente non avrebbe potuto rinunciare alla garanzia fideiussoria stabilita dalla norma imperativa; f) che non sussisteva alcun abuso del diritto e/o del processo, poichè gli appellati avevano esercitato un diritto soggettivo loro attribuito e riconosciuto dall’ordinamento, nè ricorrevano atti emulativi, in quanto i promissari acquirenti avevano operato secondo correttezza e buona fede, senza che alcun inadempimento fosse loro imputabile; g) che doveva essere confermata l’infondatezza della proposta domanda riconvenzionale, in considerazione dell’invalidità del contratto preliminare oggetto di causa nonchè del fatto che la società costruttrice, prima ancora di invitare i promissari acquirenti a presentarsi davanti al notaio per la stipula del rogito definitivo, aveva messo in vendita l’appartamento, ritenendosi, pertanto, svincolata dai propri obblighi contrattuali e comunque manifestando, con il proprio contegno, la volontà di considerare il contratto non produttivo di effetti giuridici.

3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la Dalla Longa Srl Hanno resistito con controricorso gli intimati A.A. e B.B.. 4.- Le parti hanno depositato memorie illustrative.

  • I Motivi della decisione

1.- In primis, devono essere disattese le eccezioni preliminari sollevate dai controricorrenti.

Il ricorso è, infatti, ammissibile, in quanto rispetta il principio di autosufficienza, riportando, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si basano, e la specifica indicazione degli atti processuali, documenti e contratti sui quali il ricorso si fonda, essendo, al riguardo, sufficienti idonei riferimenti alle fasi processuali in cui essi sono stati prodotti o formati, senza eccessivi vincoli formali (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12481 del 19/04/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 7186 del 04/03/2022; Sez. U., Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022; Sez. U., Sentenza n. 34469 del 27/12/2019).

Anche l’ulteriore censura sollevata dai controricorrenti, circa l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire della ricorrente, non può trovare seguito.

In proposito, i controricorrenti osservano che la decisione impugnata sarebbe imperniata su due autonome rationes decidendi, di cui la società istante avrebbe contestato solo la prima.

Ebbene, tale ricostruzione non può essere condivisa, posto che il rilievo di cui alla sentenza d’appello, circa il fatto che la promittente alienante avesse messo in vendita l’appartamento prima di invitare i promissari acquirenti a stipulare il contratto definitivo, non costituisce ragione assorbente per escludere che il preliminare potesse comunque considerarsi valido. Tale assunto era, viceversa, funzionale a confermare il rigetto della domanda riconvenzionale spiegata nel giudizio di primo grado dall’opponente, volta ad ottenere la dichiarazione di avvenuta risoluzione del preliminare per inadempimento dei promissari acquirenti (per effetto del legittimo esercizio del diritto potestativo di recesso ex art. 1385 c.c.). Sicchè l’iniziativa assunta dal costruttore non avrebbe potuto incidere sull’integrazione del vizio genetico del contratto, ma, al più, avrebbe potuto escludere – come, in realtà, è stato ritenuto – la sussistenza di un difetto funzionale sopravvenuto. Si tratta di piani distinti, tra essi non interferenti: quello dell’atto e quello del rapporto. E tanto anche perchè la circostanza di essersi attivati per la vendita a terzi dell’immobile non costituisce affatto garanzia dell’alienazione del bene a tali terzi, e dunque ipotetica rinuncia a negare la validità del preliminare (ovvero condivisione implicita della sua denunciata nullità). Ed infatti, dopo aver avviato trattative con terzi per la vendita del cespite, il costruttore ha comunque invitato i promissari acquirenti alla stipula del definitivo.

2.- Tanto premesso, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375 e 1366 c.c., nella parte in cui regolano la clausola di buona fede oggettiva, prefigurando l’integrazione della categoria dell’abuso dell’esercizio del diritto, rispetto alla disciplina di cui del D.Lgs. n. 122 del 2005, artt. 1 e 2, per avere la Corte di merito ritenuto che la nullità protettiva del preliminare di vendita, per mancato rilascio della garanzia fideiussoria, operasse fino al trasferimento definitivo della proprietà immobiliare e non già fino all’ultimazione dei lavori, tale da consentire il rilascio del certificato di agibilità.

Rileva, sul punto, l’istante che, nel momento in cui la nullità è stata eccepita dai promissari acquirenti (in data 4 aprile 2013), il permesso di costruire era già stato rilasciato (in data 9 marzo 2011), l’immobile era stato già ultimato (in data 28 febbraio 2013), l’agibilità era stata domandata (in data 1 marzo 2013), mentre, nel momento in cui è stata proposta la domanda monitoria (in data 10 giugno 2013), era stata già ottenuta l’agibilità per silenzio-assenso (in data 30 aprile 2013). Inoltre, i promissari acquirenti avevano disertato la comparizione davanti al notaio per la stipula del definitivo, nonostante l’invito rivolto dalla promittente alienante.

Aggiunge la ricorrente che la libertà di far valere la nullità di protezione non avrebbe potuto consentire il perseguimento di fini ulteriori da quelli per i quali la normativa di riferimento prevede l’invalidità, sicchè sarebbe stata integrata una fattispecie di abuso del diritto, poichè la nullità relativa che l’acquirente avrebbe potuto far valere sarebbe stata strumentale alla garanzia esclusiva della restituzione delle somme e del valore di ogni altro corrispettivo effettivamente riscosso, nel caso in cui il costruttore fosse incorso in una situazione di crisi.

Pertanto, i promissari acquirenti avrebbero esercitato l’azione di nullità in spregio al principio di buona fede oggettiva, abusando del diritto conferitogli dalla normativa, dopo che i lavori riguardanti l’immobile erano già terminati e senza che la venditrice fosse incorsa in alcuna situazione di crisi; e ciò allo scopo di ottenere la restituzione di quanto versato, liberandosi illegittimamente dal vincolo contrattuale per un ripensamento sul perfezionamento dell’operazione negoziale avviata.

3.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in ordine ai principi che presiedono all’exceptio doli generalis e all’interesse ad agire in giudizio, per avere la Corte territoriale erroneamente disatteso i corrispondenti rilievi, benchè, al momento della proposizione della domanda di nullità, del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, non risultasse più impermeabile rispetto alle vicende del rapporto negoziale, vicende cristallizzatesi con l’ultimazione dell’immobile e con l’invito rivolto ai promissari acquirenti di stipulare il definitivo.

Sostiene l’istante che lo scopo della norma che prevede la nullità non avrebbe potuto spingersi fino al punto di assicurare la restituzione delle somme versate dai promissari acquirenti anche nel caso in cui, senza alcun motivo, questi avessero deciso di non perfezionare l’acquisto della proprietà, sicchè, una volta che l’immobile fosse stato ultimato e che i promissari acquirenti fossero stati invitati a stipulare il rogito definitivo, l’azione di nullità non avrebbe potuto più essere esercitata per assoluta mancanza di interesse ad agire, non essendo più attuale e concreta la finalità per la quale la disciplina di settore riconosce la nullità di protezione, e quindi per difetto di concretezza e attualità dell’interesse ad invocarne l’invalidità.

3.1.- I motivi – che possono essere affrontati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica – sono fondati.

3.2.- In premessa, si rileva che del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, comma 1, non attinto da alcuna novella sin dalla sua entrata in vigore (infatti, il codice della crisi d’impresa ha inciso su altre disposizioni del testo normativo), prevede che, all’atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalità, ovvero in un momento precedente, il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto, che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a procurare il rilascio ed a consegnare all’acquirente una fideiussione, anche secondo quanto previsto dall’art. 1938 c.c., di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalità stabilite nel contratto, deve ancora riscuotere dall’acquirente, prima del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento. Restano comunque esclusi le somme per le quali è pattuito che debbano essere erogate da un soggetto mutuante, nonchè i contributi pubblici già assistiti da autonoma garanzia.

La norma trova applicazione ai soli preliminari di vendita (e agli atti di acquisto) aventi ad oggetto gli immobili da costruire e non alle promesse di vendita di immobili “sulla carta”.

Segnatamente, ai sensi del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 1, lett. d), per “immobili da costruire” si intendono gli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata, versando in uno stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità. Si tratta, per converso, di immobili “sulla carta” allorchè il preliminare sia stipulato prima che sia stato richiesto il permesso di costruire.

Tale diverso trattamento normativo permane anche all’esito dell’intervento del Giudice delle leggi, che ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale – sollevata in riferimento al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., comma 1 – del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 1, comma 1, lett. d), che, fornendo la nozione di “immobile da costruire”, definisce l’ambito applicativo della normativa di tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti.

Infatti, secondo la Consulta, l’elemento differenziale tra tale fattispecie e quella diversa dell’immobile da costruire, per il quale non sia stato nemmeno richiesto il relativo permesso, sta nel fatto che, nella prima ipotesi, sussiste un contesto di legalità sotto l’aspetto urbanistico, che radica nel promissario acquirente, persona fisica, quel particolare affidamento indotto dall’avvenuto rilascio del permesso di costruire, o almeno della già presentata domanda per il suo ottenimento, e per la cui tutela il legislatore appronta l’obbligo della garanzia fideiussoria che necessariamente accompagna la compravendita. Invece, l’acquisto di immobili da costruire c.d. “sulla carta” è operazione economica maggiormente rischiosa – benchè non illecita, nè meramente aleatoria – per il promissario acquirente, la cui tutela è quella codicistica, ai sensi dell’art. 1472 c.c., comma 2. Rientra, quindi, nella discrezionalità del legislatore perimetrare l’apparato delle garanzie in esame riferendole alla compravendita di immobili la cui futura costruzione già si collochi nell’alveo del rispetto della normativa urbanistica, per essere stato almeno richiesto il permesso di costruire (Corte Cost., Sentenza n. 32 del 19 febbraio 2018; analogamente Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5749 del 10/03/2011; a conclusioni opposte perviene, con riferimento del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 9, comma 1, nella parte in cui non prevede il diritto di prelazione anche per i preliminari di vendita di immobili “sulla carta”, ove il costruttore versi in una situazione di crisi che determini la sottoposizione a esecuzione forzata dell’immobile oggetto del contratto, Corte Cost., Sentenza n. 43 del 24 febbraio 2022).

Il D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, non si applica altresì alla ristrutturazione minore, cioè senza demolizioni, ricostruzioni o sostituzioni di elementi dell’edificio e senza alterazione di volumetria e superficie, non potendosi, in tali ipotesi, ritenere che venga realizzato un immobile nuovo e diverso rispetto a quello preesistente (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 17812 del 26/08/2020).

3.3.- Quindi, sotto il profilo della patologia da cui è affetto il negozio, la nullità contemplata dalla norma, ove non sia concessa la garanzia fideiussoria (bancaria o assicurativa), prima o contestualmente alla stipula del preliminare (o, comunque, del contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su un immobile da costruire), in quanto volta a garantire la restituzione delle somme anticipate dal promissario acquirente, allorchè subentri una situazione di crisi del promittente alienante, ossia del costruttore, costituisce una nullità relativa, di protezione del contraente debole, ossia della persona fisica che riveste la qualità di promissario acquirente.

La particolarità di tale nullità risiede nel rilievo in forza del quale essa è regolata come nullità strutturale, in quanto implicante un vizio genetico del preliminare, sebbene abbia ad oggetto la mancata prestazione di una garanzia funzionale ad assicurare l’adempimento (e segnatamente la restituzione delle somme anticipate dal promissario acquirente al promittente alienante), ove subentri la situazione di crisi di quest’ultimo. Per l’effetto, si determina un singolare caso di interferenza tra regole di comportamento e regole di validità (c.d. nullità per inadempimento).

Nei termini anzidetti un filone della dottrina ha richiamato le categorie della nullità pendente ovvero, e forse più propriamente, di una nullità sospesa (schwebende Nichtigkeit) da inadempimento.

3.4.- All’esito dell’inquadramento sistematico della fattispecie, si evidenzia che il Giudice del gravame (così come il Giudice di primo grado) ha statuito che il difetto della garanzia prescritta per legge importa la nullità del preliminare di vendita, come eccepita dai promissari acquirenti, nonostante il lungo intervallo di tempo decorso rispetto alla stipula della promessa (circa 2 anni), ove la fideiussione non sia stata rilasciata, e ciò sino al momento della produzione dell’effetto traslativo, indipendentemente dall’avvenuta ultimazione dei lavori. Segnatamente, secondo l’assunto della sentenza impugnata, la finalità di tutela del compratore (recte del promissario compratore) da un’eventuale insolvenza del costruttore, e in particolare dallo stato di crisi che possa sopravvenire, implicherebbe che, sino al momento del trasferimento della proprietà, la garanzia di restituzione degli esborsi sostenuti debba essere accordata, pena l’integrazione della fattispecie sussumibile nella nullità di protezione selettiva prevista dalla norma. E tanto in quanto l’insolvenza del costruttore potrebbe seguire all’ultimazione delle opere, sino alla produzione dell’effetto traslativo.

Ai sensi del citato D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 1, lett. c), per “situazione di crisi” si intende la situazione che ricorre nei casi in cui il costruttore sia sottoposto o sia stato sottoposto ad esecuzione immobiliare, in relazione all’immobile oggetto del contratto, ovvero a fallimento, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa.

In conseguenza, la situazione di crisi che legittima l’escussione della concessa fideiussione bancaria o assicurativa si realizza, secondo il dettato dell’art. 3, comma 2, vigente ratione temporis, nei seguenti momenti: a) di trascrizione del pignoramento relativo all’immobile oggetto del contratto; b) di pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa; c) di presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo; d) di pubblicazione della sentenza che dichiara lo stato di insolvenza o, se anteriore, del decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa o l’amministrazione straordinaria.

Ai sensi del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 3, comma 3, vigente ratione temporis, la fideiussione può essere escussa a decorrere dalla data in cui si è verificata la situazione di crisi di cui al comma 2, a condizione che, per l’ipotesi di cui alla lett. a), l’acquirente abbia comunicato al costruttore la propria volontà di recedere dal contratto e, per le ipotesi di cui alle lett. b), c) e d), il competente organo della procedura concorsuale non abbia comunicato la volontà di subentrare nel contratto preliminare.

3.5.- Senonchè questa Corte – che ha avuto già modo di pronunciarsi sulla questione (seppure in ordine a situazioni fattuali non identiche a quella oggetto del presente procedimento) – ha stabilito che la proposizione della domanda di nullità del contratto preliminare per mancanza della garanzia accessoria del D.Lgs. n. 122 del 2005, ex art. 2, ove sia stata rilasciata la garanzia prescritta per legge in data successiva alla stipula del preliminare, e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame, costituisce abuso del diritto e, dunque, detta domanda non può essere accolta (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 30555 del 22/11/2019).

Sebbene l’arresto innanzi citato sia riferito all’ipotesi specifica in cui la fideiussione sia stata rilasciata dopo la conclusione del preliminare e senza che si sia verificato alcun pericolo di insolvenza sino al momento del rilascio, nondimeno a tale pronuncia è sotteso un principio di portata più ampia, che ha giustificato la soluzione adottata nel caso di specie. Ossia l’affermazione secondo cui, all’esito di una comparazione dinamica tra il mezzo accordato e lo scopo che lo stesso è diretto a perseguire, la proposizione della domanda di nullità, quando l’interesse protetto dalla norma non sia più esposto ad alcun pregiudizio, nè si abbia ragione di temerne la verificazione – per essere stato, comunque, assicurato l’interesse che la condizione asimmetrica dei contraenti avrebbe potuto ledere o, addirittura, per essere stato già attuato l’interesse primario cui mirava il regolamento negoziale -, risulta funzionale, non già ad attuare il fine di protezione perseguito dalla legge, ma il diverso fine di sciogliere il contraente da un contratto che non reputa più conveniente o di aggirare surrettiziamente gli strumenti di reazione che l’ordinamento specificamente appronta avverso le condotte di inadempimento della controparte.

A questo fine assume una valenza dirimente, non già il momento storico in cui si realizza l’effetto traslativo, bensì il frangente temporale in cui l’opera è ultimata, posto che la normativa di settore non è indirizzata ad assicurare la solvenza del promittente alienante in termini avulsi dal contesto in cui la promessa si è perfezionata: e segnatamente dalla circostanza che il preliminare ha avuto ad oggetto un immobile da costruire e, in vista di tale oggetto, è predisposta una “speciale” tutela. Proprio in ragione del fatto che la promessa riguarda un bene in corso di realizzazione, sul quale il promissario acquirente non può rivendicare l’esecuzione in forma specifica nell’ipotesi in cui, a causa della sopravvenuta crisi del promittente alienante, l’opera di costruzione si areni e l’impegno assunto non possa evolversi nel passaggio di proprietà, la legge prevede che debba essere concessa una polizza fideiussoria a garanzia della restituzione delle somme versate dal promissario acquirente nelle more (e non per assicurare altri possibili pregiudizi connessi alla mancata produzione dell’effetto traslativo).

Pertanto, le specifiche ragioni di protezione che giustificano la previsione normativa sono collegate al particolare stato in cui versa il promissario acquirente che, avendo anticipato delle somme al promittente alienante per l’assunto impegno ad acquistare un immobile in costruzione, si trovi, dinanzi a una sopravvenuta situazione di crisi del costruttore, per un verso, in grave difficoltà nel far valere le azioni esecutive e concorsuali sull’immobile (aggredito dai creditori alla stregua di detto stato di crisi), la cui realizzazione si sia interrotta in ragione di tale insolvenza certificata, al fine di recuperare le somme a tale titolo anticipate, e si veda, per altro verso, compromessa, o quantomeno aggravata, la possibilità che l’effetto traslativo si perfezioni.

E’ evidente che la garanzia del perfezionamento del contratto definitivo è, invece, regolata da altri strumenti. Precipuamente, l’art. 2645-bis c.c., comma 4, prevede, appunto, la facoltà di trascrizione anche dei preliminari aventi ad oggetto porzioni di edifici da costruire o in corso di costruzione, sulla scorta dell’indicazione della superficie utile della porzione di edificio e della quota del diritto spettante al promissario acquirente, relativa all’intero costruendo edificio espressa in millesimi.

Di talchè la norma in esame, nel contemplare un’ipotesi di nullità relativa, la cui declaratoria è rimessa all’esclusiva iniziativa del promissario acquirente, ed evidentemente di protezione, è finalizzata a preservare l’interesse di quest’ultimo a recuperare, tramite apposita garanzia, le eventuali somme versate in favore del promittente venditore (in vista del pericolo di insolvenza di quest’ultimo): la consegna della polizza fideiussoria a prima richiesta è, dunque, strumentale a permettere al promissario acquirente il recupero delle somme pagate a titolo di acconto al costruttore, nelle ipotesi in cui si verifichi una situazione di crisi certificata che comprometta o aggravi il buon esito della vicenda negoziale avente ad oggetto un immobile non ultimato, obbligo il cui adempimento prescinde dal fatto che, in futuro, si verifichi o meno lo stato di crisi (purchè ne ricorra il pericolo).

Più precisamente la normativa di settore protegge il promissario acquirente – in considerazione delle difficoltà che si riscontrano nel reperire informazioni in ordine all’affidabilità della controparte, nonchè ai possibili rischi e alle spese dell’affare – dall’insorgere dell’eventuale stato di crisi dell’imprenditore nei casi in cui questi, come frequentemente accade, nella prassi finanzi la costruzione dell’immobile con gli acconti anticipati dal primo. Nell’ambito di tale contrattazione, il promissario acquirente si trova a pagare una parte del corrispettivo, senza ottenere l’immediato acquisto della proprietà del bene, il quale è ancora in fase di costruzione. Così trova fondamento l’obbligo di rilasciare la garanzia fideiussoria (bancaria o assicurativa), di importo pari alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalità stabilite nel contratto, che deve ancora riscuotere dal promissario acquirente. Si ha conferma, pertanto, che lo scopo di tale garanzia è quello di consentire al promissario acquirente di recuperare quanto versato e i relativi interessi, in caso di crisi della controparte, senza dover attendere la conclusione dei procedimenti esecutivi e fallimentari.

La soluzione legislativa a favore della nullità è dunque orientata dall’esigenza di predisporre una forma “forte” di controllo sulla regolarità dell’operazione nel suo complesso, in chiave di funzionalizzazione dell’esercizio dell’atto di autonomia alla tutela di specifici interessi (considerati “deboli” sul piano negoziale e suscettibili di protezione attraverso meccanismi in qualche misura correttivi dello squilibrio di potere contrattuale). Tuttavia, lo strumento “protettivo” accordato si confronta con istituti giuridici tradizionali, ispirati al principio, in gran parte superato, della perfetta eguaglianza dei contraenti.

Ora, allorchè la garanzia sia concessa, la sopravvenienza dello stato di crisi del costruttore prima dell’ultimazione dell’opera consente al promissario acquirente di avvalersi del diritto potestativo di recesso dal preliminare ove sia trascritto pignoramento sul cespite, escutendo la fideiussione, e di sciogliersi dal preliminare ove sia aperta la procedura concorsuale, escutendo la fideiussione, semprechè il competente organo della procedura concorsuale non abbia comunicato la volontà di subentrare nel contratto preliminare.

Ne consegue che tale necessità viene meno nel momento in cui la costruzione è ultimata, poichè lo stato di insolvenza del promittente venditore, che sopravvenga a tale ultimazione, consente comunque al promissario acquirente di poter perfezionare l’acquisto, in ragione della previa trascrizione del preliminare (fatta salva la facoltà di scioglimento del curatore ai sensi della L. Fall., art. 72, vigente ratione temporis, sempre che non si tratti di immobile destinato ad uso abitativo del promissario acquirente, scioglimento che diventa automatico allorchè l’escussione della garanzia fideiussoria sia comunicata al curatore prima che questi abbia optato per l’esecuzione ovvero per lo scioglimento, ai sensi della L. Fall., art. 72-bis, vigente ratione temporis; l’attuale disciplina segue, per ciò che qui interessa, principi sostanzialmente analoghi, fatto salvo il più ampio ventaglio di ipotesi che preclude all’organo della procedura di sciogliersi dal preliminare, ai sensi degli artt. 173 e 174 cod. crisi d’impresa).

Se viceversa si aderisse all’impostazione dei Giudici di merito, a mente della quale l’utilità della concessione della garanzia fideiussoria sopravvivrebbe alla conclusione dei lavori, sino a quando l’effetto traslativo non si sia prodotto, non solo sarebbe mutato lo scopo perseguito dalla norma, ma, in aggiunta, la previsione sarebbe estensibile, per identità di ratio, ad ogni promessa di vendita di immobili, quand’anche essa abbia avuto ad oggetto, sin dall’origine, beni già realizzati. Per contro, per quanto anzidetto, altri sono gli strumenti assicurativi che l’ordinamento appresta per garantire il trasferimento di proprietà di immobili preesistenti, a cui le parti si siano previamente obbligate.

Ebbene, quando il cespite originariamente da costruire, oggetto del preliminare di vendita, sia stato nelle more ultimato, il promissario acquirente si viene a trovare in una situazione del tutto assimilabile, sebbene ex post, a quella del promissario acquirente che abbia stipulato, sin dall’inizio (ex ante), una promessa di vendita di un immobile già realizzato. Sicchè questi corre gli analoghi rischi che affronta quest’ultimo, nel caso di sopravvenuto stato di crisi del promittente alienante sino al momento della stipulazione del definitivo.

Pertanto, sia stata o meno rilasciata la fideiussione in un momento successivo alla conclusione del contratto, affinchè non sia integrato un contegno lesivo della buona fede (o “abusivo”, secondo il precedente prima richiamato) del diritto riconosciuto dalla previsione normativa è indispensabile verificare se l’immobile oggetto del preliminare sia stato ultimato, perchè, laddove ciò fosse, verrebbero meno le ragioni di “speciale” tutela in favore del soggetto debole, che non è più in pericolo (recte che non corre più il pericolo che la norma ha inteso scongiurare).

3.6.- Su questa stessa linea si collocano gli ulteriori e successivi pronunciamenti di questa Corte sull’argomento.

3.6.1.- Ed invero, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il rilascio della garanzia fideiussoria di cui al D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2, in data successiva alla stipula di un contratto preliminare di compravendita, avente ad oggetto un immobile in corso di costruzione, non esclude l’operatività della nullità per mancanza della garanzia accessoria prescritta ex lege, qualora nelle more – ossia prima dell’ultimazione – si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente, sicchè in tali ipotesi la proposizione della domanda di nullità del contratto per violazione del citato art. 2 non costituisce abuso del diritto (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19510 del 18/09/2020).

Nel dettaglio, nella fattispecie esaminata dall’arresto innanzi evocato, il promittente alienante aveva rilasciato, dopo la stipulazione del preliminare e prima dell’ultimazione dell’opera, una fideiussione per un importo inferiore alle somme anticipate dal promissario acquirente, sicchè la dichiarazione di nullità richiesta prima del completamento dell’opera è stata confermata.

3.6.2.- Sempre nello stesso senso altra pronuncia di questa Corte ha evidenziato che, una volta scartata la possibilità di configurare una sanatoria del contratto nullo a seguito del mero fatto successivo del completamento dell’immobile da parte del promittente venditore, occorre verificare se, effettivamente, per effetto del completamento dei lavori relativi all’immobile promesso in vendita, sussiste o meno un interesse ancora meritevole di protezione in capo al promissario acquirente, che lo legittimi a richiedere l’accertamento della nullità del contratto preliminare. Sicchè, almeno quando il promittente alienante abbia subito la trascrizione di un pignoramento immobiliare, risultante al momento in cui i lavori sono terminati, deve essere riconosciuto al promissario acquirente l’interesse alla declaratoria di nullità del contratto preliminare di vendita stipulato con il costruttore (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21966 del 12/07/2022).

Ha, sul punto, osservato questa Corte che il D.Lgs. n. 122 del 2005, detta una disciplina di tutela del promissario acquirente di immobili da costruire in ragione dell’elevato rischio di inadempienze della parte alienante ovvero del pericolo di sottoposizione del costruttore ad esecuzione immobiliare o a procedura concorsuale, trovando, però, applicazione, in forza del contenuto definitorio di cui all’art. 1, comma 1, lett. d), soltanto con riguardo agli immobili per i quali, da un lato, sia stato già richiesto il permesso di costruire (o, se del caso, sia già stata presentata la denuncia di inizio attività del D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 22, comma 3) e che, dall’altro lato, “siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità”, nel senso che il manufatto non sia stato oggetto di completamento e sia ancora da ultimare (senza che abbia alcun peso specifico la mera mancanza del certificato di agibilità).

Ed infatti, gli immobili rientrano nella categoria dei beni da costruire allorchè il manufatto non sia stato oggetto di completamento e sia ancora da ultimare, irrilevante essendo la mera mancanza del certificato di agibilità, giacchè essa non rileva in sè, ma quale sintomo, in negativo, della impossibilità che il bene stesso possa considerarsi definito nei suoi aspetti identificativi, perchè necessitante di ulteriori e non compiuti interventi edilizi (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 22603 del 10/08/2021).

Per l’effetto, laddove la nullità di protezione sia fatta valere dopo l’ultimazione dei lavori, senza alcun collegamento con una condizione di insolvenza del promittente alienante (la quale non sia stata integrata sino a tale momento), non sussistono più le ragioni che hanno giustificato la previsione.

3.7.- Nel caso affrontato dalla sentenza d’appello oggetto dell’odierna impugnazione, la garanzia fideiussoria non è stata concessa, la nullità di protezione è stata però eccepita dai promissari acquirenti dopo l’ultimazione dei lavori, senza che sia stato mai paventato un pericolo di insolvenza in concreto del promittente alienante, che ha invece invitato le controparti a concludere il definitivo.

Ne discende che l’esercizio in concreto dell’azione di nullità non è funzionale al perseguimento del fine per il quale l’invalidità di protezione è stata riconosciuta, bensì è stato indirizzato al raggiungimento di uno scopo ultroneo: quello di sciogliersi dal vincolo contrattuale per sopravvenuto mutamento dei propositi dei promissari acquirenti.

Dacchè la sopravvenuta carenza di un interesse ancora meritevole di protezione in capo ai promissari acquirenti, che li legittimi a richiedere l’accertamento della nullità per una violazione che, ancorchè configurata come strutturale dal legislatore, non ha però compromesso l’interesse in vista del quale era stata specificamente dettata la previsione di invalidità.

E tanto in quanto, non essendosi manifestata l’insolvenza del promittente venditore nel lasso di tempo trascorso tra la conclusione del preliminare e l’ultimazione dei lavori, con la correlata realizzazione dell’immobile oggetto della promessa, e non avendo i promissari acquirenti manifestato, in tale periodo di tempo, l’intento di far dichiarare la nullità, non è consentito invocare l’invalidità del contratto (a conclusioni analoghe giunge, seppure a titolo di mero obiter dictum, per un identico caso, la già citata Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 17812 del 26/08/2020; così anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24535 del 01/12/2016, con riferimento all’irrogazione di sanzioni disciplinari a carico dei notai che violino il divieto di stipula di cui al D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 8).

Il che si spiega col fatto che, sebbene la fideiussione non sia stata rilasciata, comunque la tutela dell’interesse della parte debole del rapporto, in vista del quale era stata prevista la nullità, non è stata scalfita: osta all’ammissibilità di siffatta azione la stessa finalità della nullità “di protezione”, in quanto non si vede alcuna ragione per sacrificare l’interesse del costruttore e, soprattutto, quello della successiva circolazione immobiliare, pur in assenza della fideiussione, o della conformazione del contenuto contrattuale ai sensi di legge, quando l’interesse fondamentale del promissario acquirente è stato ormai soddisfatto al tempo in cui la domanda di nullità è stata avanzata.

Non è casuale che, nel corso dei lavori preparatori del decreto delegato, era stato suggerito, proprio con riguardo alla nullità conseguente alla mancata prestazione della fideiussione, l’inserimento di una disposizione che precludesse l’azione di nullità in conseguenza del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento sull’immobile, o dell’atto definitivo di assegnazione. Tale suggerimento poi non è stato trasposto nel parere approvato dal Senato e, di conseguenza, non è stato recepito nella versione definitiva del decreto legislativo, la quale risulta circoscritta all’ipotesi in cui gli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata.

3.7.1.- Nel caso in esame i promissari acquirenti non avevano più interesse alla declaratoria di nullità del contratto preliminare di vendita del 24 giugno 2011 (in base ai fatti pacifici dedotti dalle parti).

Infatti, muovendo dalla premessa che l’interesse ad agire consiste nell’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, l’azione di nullità in concreto esperita non risulta assistita da tale interesse, giacchè essa tende al mero recupero delle somme anticipate in ragione di un ripensamento sul perfezionamento dell’operazione negoziale, dopo che l’immobile oggetto della promessa è già stato realizzato.

Pertanto, avendo riguardo, non già, astrattamente, al momento in cui è stato posto in essere l’atto che si assume nullo, bensì al momento in cui è stata proposta la domanda di nullità, l’esercizio dell’azione si configura quale ipotesi di utilizzo distorto del diritto assegnato dalla norma istitutiva della nullità di protezione.

E tanto perchè, per effetto della realizzazione dell’immobile, i promissari acquirenti avrebbero potuto agire per il perfezionamento dell’effetto traslativo. Non vi era dunque il pericolo di perdere le somme anticipate ove fosse sopravvenuto uno stato di insolvenza del promittente alienante, prima della stipula del definitivo, sussistendo un cespite trasferibile.

Ed in ogni caso il rischio corso è del tutto omologo a quello che corre ogni promissario acquirente di un immobile già edificato.

3.8.- In altri termini, secondo l’impostazione cui ha aderito autorevole dottrina, a fronte di un fabbricato ultimato, non c’è ragione per sacrificare l’interesse del costruttore e quello della successiva circolazione immobiliare, dovendo dunque respingersi tutte le domande di nullità che camuffano, in realtà, un “recesso di pentimento”, che in via edittale non è inglobato nella previsione normativa e il cui esercizio è palesemente lesivo della clausola di buona fede oggettiva.

Inoltre, proprio con specifico riferimento al caso in cui, per l’ipotesi di nullità di cui all’art. 2, in esame, non vi sia più un concreto rischio di pregiudizio della sfera giuridica e patrimoniale del promissario acquirente, l’esercizio dell’azione di nullità è precluso dalla mancanza di interesse ad agire del medesimo promissario acquirente ex art. 100 c.p.c. (in combinato disposto con l’art. 1421 c.c.).

Ed invero, laddove la garanzia fideiussoria non venga mai rilasciata, ma ciò nonostante il costruttore non vada in default e ultimi nei tempi previsti l’immobile, sotto il profilo della lesione dell’interesse protetto, l’omissione del promittente alienante non compromette la possibilità che l’operazione economica si perfezioni ugualmente, poichè il concreto plasmarsi dell’esecuzione successiva alla stipula del preliminare ha reso “la situazione giuridica successiva al contratto non più lesiva ma equa”: il bene è venuto ad esistenza, sicchè le parti possono concludere un comune contratto di compravendita.

3.9.- All’esito dell’excursus tracciato, si rileva allora che, trovandosi ristretta – per come concepita – la nullità di protezione regolata dalla norma indicata in una doppia prospettiva, ad un tempo statica (dell’atto) e dinamica (del rapporto), la sua integrazione è condizionata al perdurare del pregiudizio, fino al momento in cui la domanda sia formulata.

Sicchè essa risente del contesto storico-fattuale (eventualmente mutato rispetto a quello esistente all’atto della stipula) relativo al tempo in cui la domanda è spiegata.

La nullità di protezione, ove sia teleologicamente funzionale ad assicurare un determinato adempimento, costituisce, dunque, un rimedio che evolve in chiave sincronica.

Le stesse Sezioni Unite, del resto, hanno avuto modo di affermare che, ove venga istituita dal legislatore una nullità relativa, come tale intesa a proteggere in via diretta ed immediata non un interesse generale, ma anzitutto l’interesse particolare, l’interprete deve essere attento a circoscrivere l’ambito della tutela privilegiata nei limiti in cui viene davvero coinvolto l’interesse protetto dalla nullità, determinandosi altrimenti conseguenze distorte o anche opportunistiche (Cass. Sez. U., Sentenza n. 898 del 16/01/2018).

E, d’altronde, le concrete modalità di esercizio della nullità di protezione devono mirare allo scopo per il quale la protezione è prevista, pena un esercizio dell’azione contrario al canone della buona fede oggettiva (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20106 del 18/09/2009; Sez. U., Sentenza n. 23726 del 15/11/2007).

Per l’effetto, nella fattispecie, si rinviene un esercizio contrario a buona fede dell’azione di nullità, rispetto al tempo in cui essa è stata proposta. E tanto perchè, nei termini anzidetti, l’inevitabile commistione tra vizio genetico, da una parte, e tempo dell’esercizio dell’azione, dall’altra, risente della costruzione della nullità quale fattispecie di nullità per inadempimento.

Peraltro, il concreto frangente in cui l’azione di nullità è avanzata esclude altresì, sul piano processuale, l’interesse ad agire, essendo stato già soddisfatto, in quel momento storico, il bene della vita che l’azione intendeva salvaguardare (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16743 del 14/06/2021; Sez. 1, Sentenza n. 26568 del 23/11/2020).

Ovverosia la circostanza che la nullità di protezione sia qualificata da una spiccata duplice finalità (protettiva e dissuasiva) esige il contemperamento di tali due versanti dello stesso fenomeno rispetto all’assetto complessivo degli interessi coinvolti.

Il principio di proporzionalità, insito nella clausola di buona fede, impone, infatti, di evitare che il rimedio operi secondo connotati o modalità tali da sovrastare la funzione protettiva, trasformandola in una funzione eminentemente sanzionatoria; ma anche di impedire, su tutt’altro fronte, che la salvaguardia riconosciuta al contraente svantaggiato si trasformi in una sostanziale iper-protezione, in totale spregio degli interessi più generali relativi al mercato di riferimento: la nullità deve sì operare “a vantaggio” del contraente protetto, ma nei limiti in cui essa sia in linea con l’esigenza di effettività della tutela, nonchè con il fondamento più generale del rimedio.

4.- Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto nei sensi di cui in motivazione.

La sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione:

“La domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire, per mancato rilascio della garanzia fideiussoria del D.Lgs. n. 122 del 2005, ex art. 2, non può essere accolta, per violazione della clausola di buona fede oggettiva e per carenza di interesse ad agire, allorchè essa sia proposta dopo l’ultimazione dei lavori e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente, alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame”.

  • P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

  • Gli Argomenti trattati

- CONTRATTI IN GENERE - CONTRATTO PRELIMINARE (COMPROMESSO) (NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONE) - IN GENERE Preliminare di vendita di immobile da costruire - Mancato rilascio di garanzia fideiussoria ex art. 2 d.lgs. n. 122 del 2005 - Domanda di nullità - Proposizione successivamente alla ultimazione dei lavori e in assenza di insolvenza del promittente venditore – Rigetto – Fondamento – Violazione della buona fede oggettiva e carenza di interesse..

  • I riferimenti normativi

- Decreto Legisl. 20/06/2005 num. 122 art. 2, Cod. Civ. art. 1472 com. 2, Cod. Civ. art. 1351, Cod. Civ. art. 1421.

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