• La Massima

La Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:

In tema di successione necessaria, la determinazione della quota riservata che spetta a ciascuno dei legittimari in concorso deve considerare, in presenza dei relativi presupposti, i diritti del coniuge sulla casa familiare ex art. 540, comma 2, c.c., in quanto gli stessi, acquistati a titolo di legato, sono sottratti dal “relictum” ereditario e non anche dal patrimonio sul quale sono calcolate le quote riservate ai legittimari.

(Cass. civ., Sez. II, Ord., 09/02/2023, n. 4008).

  • La vicenda processuale

I fatti sono così riassunti nella sentenza impugnata:

“C.C. e B.B., premesso di essere figlie di prime nozze di D.D., citavano avanti al Tribunale di Palermo A.A., seconda moglie del padre, e i figli nati da questa unione, E.E. e F.F., esponendo: – che il padre era deceduto in (Omissis) il (Omissis); che con testamento olografo del (Omissis) il de cuius aveva lasciato l’unico bene ereditario, costituito da una villa sita in (Omissis), via (Omissis), a 3 elevazioni (in atti meglio identificata), oltre agli arredi esistenti nello stesso, solo ai convenuti; che esse attrici, in quanto figlie legittime del defunto, erano anche eredi legittimarie ed aventi diritto ad una quota di riserva dell’eredità; – che la disposizione testamentaria evidentemente ledeva i loro diritti di legittimarie. Pertanto, proponevano l’azione di riduzione della disposizione testamentaria predetta, per conseguire l’accertamento della lesione del loro diritto successorio, l’attribuzione della titolarità di coeredi e della quota legittima loro spettante, con proporzionale riduzione della quota attribuita agli altri coeredi con il testamento menzionato, sull’assunto che il defunto padre fosse esclusivo proprietario dell’immobile ereditario. Avanzavano, altresì, azione di divisione della comunione ereditaria sul predetto immobile, da realizzare mediante vendita all’incanto dell’immobile, in quanto non comodamente divisibile, con conseguente liquidazione in loro favore della propria quota di legittima, e, altresì, il rendiconto fra coeredi dei frutti e delle utilità conseguite dalla esclusiva materiale disponibilità dei cespiti”.

Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale “esperita una C.T.U., con sentenza n. 3144/14 del 6 giugno 2014, (…) accoglieva le azioni di riduzione e di divisione. In primo luogo, assodato che l’asse ereditario risultava costituito soltanto dalla villa sita in (Omissis) via (Omissis) (nella consistenza più volte richiamata), nel contrasto tra le parti in ordine alla effettiva e integrale appartenenza al de cuius dell’intero bene, il Tribunale concludeva accogliendo la prospettazione delle attrici, non essendo provato che il terreno in cui sorgeva l’immobile era stato acquistato in comunione anche dalla A.A. e che la stessa avesse sostenuto, in tutto o in parte, le spese per l’edificazione dell’immobile (…). Alla luce, poi, delle risultanze della C.T.U., posto il valore complessivo dell’asse alla data dell’apertura della successione di Euro 338.292,50, il consequenziale valore della quota di riserva spettante alle attrici, pari a 1/8, di Euro 42.286,56 (…), disponeva la riduzione proporzionale delle altre disposizioni testamentarie nei limiti necessari per la reintegra della quota di riserva spettante alle attrici. Alla luce del principio stabilito dall’art. 558 c.c. secondo il quale le disposizioni testamentarie, in siffatta ipotesi, si riducono proporzionalmente, il Tribunale stabiliva che ciascuno dei beneficiari delle disposizioni doveva reintegrare le attrici vittoriose in riduzione in misura proporzionale a quanto ricevuto, e, posto che ciascuno degli eredi testamentari era stato istituito erede senza distinzione e quindi in misura di 1/3 ciascuno, la quota di ciascuno doveva essere ridotta in misura paritaria da 1/3 a 1/4, in modo da consentire il reintegro delle attrici nella titolarità di quanto ciascuno spettante (1/8 ciascuna), fissando quindi i valori a ciascuno spettanti dell’asse ereditario.

Quanto alla domanda di divisione, il Tribunale accoglieva l’istanza presentata dalla A.A. per l’assegnazione per intero a sè dell’immobile, con obbligo a suo carico di pagare a ciascuno dei coeredi gli importi corrispondenti alle quote loro spettanti dell’eredità, fissati dallo stesso Tribunale. Infine, il primo Giudice rigettava la domanda di rendicontazione, in quanto la A.A. aveva il diritto di abitazione sull’immobile relitto, dunque non doveva corrispondere fruttificazioni o altre utilità (…). Avverso la suddetta sentenza proponeva appello la A.A., al quale resistevano C.C. e B.B.. Restavano contumaci F.F. e E.E.”.

La Corte d’appello di Palermo rigettava il gravame con la sentenza n. 205/2018 (depositata il 30 gennaio 2018).

Per quanto interessa in questa sede, l’appellante, fra le varie ragioni di censura, contestava, fra l’altro, “la determinazione delle quote spettanti ai coeredi, a suo dire viziata dal mancato inserimento nel calcolo del valore del diritto d’uso e abitazione a lei spettante”.

In ordine a tale censura, la Corte palermitana ha rilevato che l’inclusione dei diritti del coniuge sulla casa familiare “nel calcolo complessivo delle quote spettanti ai coeredi, in particolare all’appellante, appare del tutto irrilevante. Infatti, il valore dei diritti del coniuge superstite ex art. 540 c.c. stimato dal C.T.U. in Euro 146.410,00 rientra nella quota disponibile e in quella di riserva (pari a 1/4) spettante alla stessa appellante”.

Per la cassazione della citata sentenza di appello propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la A.A..

C.C. e B.B. restano intimate.

  • I Motivi della decisione

1. Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 540 c.c. omessa e/ o errata valutazione del diritto di abitazione e di uso ai fini della quantificazione della quota riservata alla signora A.A., quale coniuge superstite del signor D.D.”.

La decisione viene censurata nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto irrilevante, ai fini del calcolo delle quote spettanti ai coeredi, “in particolare all’appellante” (attuale ricorrente), l’inclusione del diritto d’uso e di abitazione, spettanti al coniuge superstite ex art. 540, comma 2, c.c., e ciò in base al rilievo “che il valore dei diritti del coniuge superstite ex art. 540 c.c. stimato dal Ctu in Euro 146.410,00, rientra nella quota disponibile e in quella di riserva (pari ad 1/4) spettante alla stessa appellante”.

La ricorrente evidenzia che, a causa del mancato conteggio del diritti sulla casa familiare, ella “si è vista assegnare soltanto la quota di 1/4 del valore del relictum (Euro 84.573,12), ossia un valore pari alla sola quota alla stessa riservata ex lege con grave nocumento dei suoi diritti ereditari, considerato che alla stessa spetterebbe anche il diritto di uso e di abitazione che non è stato preso in considerazione (…), con ciò evidenziandosi una chiara ed evidente lesione dei suoi diritti in misura quantomeno pari al suddetto valore”.

2. Il secondo motivo denuncia insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Si sostiene che la motivazione della decisione impugnata, nel fare proprie le argomentazioni del primo giudice, relativamente alla determinazione del valore della quota in ordine al diritto di abitazione e di uso, spettante ad essa ricorrente, non consente la comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, impedendo così ogni controllo sul percorso logico-argomentativo seguito per la formazione del convincimento del giudice.

3. Rileva il collegio che il primo motivo è fondato nei limiti di seguito indicati.

L’art. 540, comma 2, c.c., dopo avere riconosciuto in favore del coniuge superstite, anche quando concorre con altri chiamati, “i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni”, dispone: “tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli”.

E’ stato chiarito da questa Corte che “in tema di successione necessaria, la disposizione di cui all’art. 540, comma 2, c.c. determina un incremento quantitativo della quota contemplata in favore del coniuge, in quanto i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano (quindi, il loro valore capitale) si sommano alla quota riservata al coniuge in proprietà. Posto che la norma stabilisce che i diritti di abitazione e di uso gravano, in primo luogo, sulla disponibile, ciò significa che, come prima operazione, si deve calcolare la disponibile sul patrimonio relitto, ai sensi dell’art. 556 c.c., e, per conseguenza, determinare la quota di riserva. Calcolata poi la quota del coniuge nella successione necessaria, in base a quanto stabiliscono l’art. 540, comma 1, e l’art. 542 c.c., alla quota di riserva cosi ricavata si devono aggiungere i diritti di abitazione e di uso in concreto, il cui valore viene a gravare sulla disponibile. Se la disponibile non è sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano, anzitutto, sulla quota di riserva del coniuge, che viene ad essere diminuita della misura proporzionale a colmare l’incapienza della disponibile. Se neppure la quota di riserva del coniuge risulta sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano sulla riserva dei figli o degli altri legittimari (Cass., Sez. 2, 6 aprile 2000, n. 4329). In altri termini, in materia di diritti riservati ai legittimari, la determinazione della porzione disponibile, su cui devono gravare in primo luogo i diritti, in favore del coniuge, di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, e delle quote di riserva, deve avvenire considerando il valore del relictum (e del donatum, se vi sia stato), comprensivo del valore della casa familiare in piena proprietà” (così testualmente Cass. n. 9651/2013; conf. Cass. n. 26741/2017).

Si riconosce generalmente che i diritti contemplati dall’art. 540, comma 2, c.c., configurati quali legati ex lege, si costituiscono automaticamente in capo al coniuge superstite all’apertura della successione, anche nella successione testamentaria (cfr. Cass. n. 15667/2019; n. 4329/2000; v. altresì, in materia di successione intestata, Cass., S.U., n. 4847/2013).

L’acquisto dei diritti a beneficio del coniuge si realizza così sempre e invariabilmente, qualunque sia il valore dei diritti sulla casa familiare e qualunque sia il valore delle altre cose comprese nell’asse, perchè altrimenti la finalità della norma cogente (consentire al coniuge di conservare l’abituale habitat) rimarrebbe frustrata. E’ stato esattamente osservato che la norma introduce un’eccezione al principio di intangibilità della legittima sancito dall’art. 549 c.c.: in senso qualitativo, i due diritti gravano invariabilmente sulla quota di tutti i coeredi, anche se legittimari, alla quale viene sottratta una frazione corrispondente di godimento della casa.

4. Resta a questo punto da stabilire quali siano i diritti del coniuge nell’eredità, in qualità di legittimario, dopo aver conseguito i legati sulla casa familiare: di ciò si occupa il secondo periodo dell’art. 540, comma 2, c.c., quando – come già ricordato – dispone che “tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli”.

Nell’esegesi di tale norma, occorre in primo luogo chiarire che i diritti in questione, acquistati dal coniuge a titolo di legato, sono sottratti dal relictum ereditario, ma non anche dal patrimonio sul quale sono calcolate le quote riservate ai legittimari. In questa prospettiva, i diritti del coniuge, in quanto posti dalla legge a carico della disponibile, sono generalmente assimilati al legato testamentario con dispensa dall’imputazione (art. 564, comma 2, c.c.). Il coniuge, dopo averli prelevati dall’asse, può aspirare ad avere la quota riservata nella sua interezza sugli altri beni.

L’obiettivo della norma, attraverso l’inciso secondo cui i diritti “gravano sulla disponibile”, è evidentemente quello di garantire al coniuge la continuità dell’abitazione senza pregiudicare il suo diritto di legittima in quota.

La configurazione dei diritti sulla casa familiare, come legato cumulabile con la quota di legittima, deve fare i conti con la possibilità che i diritti superino la disponibile. Verificandosi tale eventualità è giocoforza che i legati del coniuge, per la parte che eccede la disponibile, incomincino a “gravare” la legittima. L’eccedenza, però, non va a “gravare” genericamente e indistintamente sulla porzione riservata, ma “grava”, in prima battuta, sulla legittima del coniuge, che si riduce, appunto, di quanto il valore dei diritti supera la disponibile. Tale criterio di imputazione dell’eccedenza mira a salvaguardare la legittima dei figli e degli altri legittimari concorrenti con il coniuge.

Anche questo secondo obiettivo della norma è, naturalmente, solo tendenziale, dovendosi considerare la possibilità che i diritti siano di valore tale da sopravanzare non solo la disponibile, ma anche la legittima del coniuge. Per questo caso la legge dispone che l’ulteriore eccedenza “gravi” sulla legittima dei figli. E’ chiaro che, quando si verifica questa eventualità, in cui il valore dei diritti supera la somma della disponibile e della quota riservata al coniuge in proprietà, i figli sono chiamati a raccogliere l’intera eredità, mentre il coniuge resta escluso dalla successione nella proprietà; nondimeno, i figli vedono comunque intaccata la propria quota di riserva, perchè conseguono un diritto che non eguaglia il valore di quest’ultima.

E’ stato incisivamente osservato che mentre il legato testamentario cumulabile con la legittima può essere trattenuto dal legatario alla condizione che “il valore di esso non superi l’importo della porzione disponibile e della quota che gli spetta come legittimario” (art. 560, comma 3, c.c.), qui invece tale condizione non opera. Con riferimento ai diritti sulla casa familiare, il coniuge non è in concorso con gli altri legittimari, come avviene per la legittima in quota, ma è in una posizione di prevalenza.

5. L’esame della decisione rivela che il valore dell’asse, costituito dalla sola casa familiare, fu determinato in Euro 338.292,50 (pag. 5 della sentenza impugnata) e il valore del diritto di abitazione in Euro 146.410,00 (pag. 6). I diritti sulla casa familiare, perciò, superavano la disponibile, pari a un quarto dell’asse ex artt. 540 e 542 c.c. nel concorso del coniuge con più figli del defunto, con un’eccedenza destinata a “gravare” sulla legittima del coniuge (anch’essa un quarto dell’asse), senza tuttavia assorbirla per intero. Conseguentemente, secondo le regole della successione dei legittimari, l’asse ereditario, del valore stimato di Euro 338.292,50, andava ripartito in ragione di metà il coniuge, comprensiva ovviamente dei diritti sulla casa familiare, e di un mezzo in parti uguali i figli, cui spettava la legittima individuale di Euro 42.286,56 (pag. 4 della sentenza impugnata). E’ nel giusto, pertanto, la Corte d’appello quando pone in luce che il valore dei diritti di abitazione e di uso è inferiore al cumulo fra la legittima del coniuge e la stessa disponibile. Tuttavia, tale constatazione non forniva argomento per sostenere che i diritti sulla casa familiare, univocamente riconosciuti dalla Corte d’appello in favore del coniuge, fossero irrilevanti, ma solo che la loro attribuzione non imponeva il sacrificio della legittima dei figli. Restava fermo, infatti, l’incremento quantitativo derivante dal fatto che i diritti stessi “gravavano” in primo luogo la disponibile.

6. In contrasto con tale iter, imposto dalle norme in tema di tutela dei legittimari di cui fa parte anche l’art. 540, comma 2, c.c., la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado, la quale, in applicazione dell’art. 558 c.c., ha ridotto le disposizioni testamentarie proporzionalmente, senza tenere conto dei diritti del coniuge. In pratica, come risulta dalla sentenza d’appello, il giudice di primo grado aveva ragionato in questo modo: dal momento che ciascuno degli eredi testamentari era stato istituito erede senza distinzione e, quindi, in misura di 1/3 ciascuno, la quota di ciascuno è stata così ridotta in misura paritaria da 1/3 a 1/4, in modo da consentire il reintegro delle attrici nella titolarità di quanto spettante ai due figli attori in riduzione (1/8 ciascuna).

Si dimentica, però, che la regola della proporzionalità della riduzione, quando i convenuti sono legittimari, deve essere applicata non secondo una logica puramente aritmetica, ma avuto riguardo a quanto ciascuno dei convenuti consegue in più rispetto a quello che gli compete come legittimario. La riduzione può operare solo entro questi limiti e non può certamente privare il convenuto di parte della legittima, che nel caso del coniuge può talvolta risultare accresciuta, ex art. 540, comma 2, c.c., in conseguenza del riconoscimento dei legati sulla casa familiare. Vale infatti il principio secondo cui “l’azione di riduzione proposta contro un soggetto che è legittimario al pari del legittimario attore implica che il convenuto abbia ricevuto una donazione o debba beneficiare di una disposizione testamentaria per la quale venga ad ottenere, oltre la rispettiva legittima, che è anche a suo favore intangibile, qualcosa di più, che contribuisce a privare, in tutto o in parte, della legittima il legittimario attore” (Cass. n 4694/2020).

La A.A., perciò in base all’impugnata sentenza, è stata pregiudicata nei suoi diritti di legittimaria. In esito alla riduzione e alla conseguente divisione, conclusa con l’assegnazione dell’immobile indivisibile alla stessa A.A., è stato posto a carico di questa il conguaglio pari ai tre quarti del valore del bene, mentre avrebbe dovuto pagare la metà. Il pregiudizio, quindi, non è pari all’intero valore dei diritti sulla casa familiare, come pretende la ricorrente, ma corrisponde al valore dei diritti stessi fino a concorrenza della disponibile.

Al riguardo, è stato ripetutamente chiarito che, quando i diritti sulla casa familiare sono superiori alla disponibile, il peso del legato deve ricadere in primo luogo in conto alla legittima del coniuge, che deve sacrificarsi prima che sia intaccata quella dei figli, ai sensi dell’art. 540, comma, 2, c.c. (senza che ciò, ovviamente, possa mai comportare menomazione alcuna all’avvenuto acquisto del legato ex lege da parte del coniuge).

7. E’ interessante osservare che, nella situazione di concorso che si presentava nel caso in esame (coniuge con più figli), l’esito finale della causa, mentre ha lasciato invariata la posizione dei figli che avevano agito in riduzione, che hanno conseguito un valore pari alla rispettiva quota di riserva, ha comportato un ingiusto privilegio in favore dei due figli che l’avevano subito. L’impropria riduzione proporzionale operata dalla Corte d’appello, in quanto fatta senza tenere conto dei diritti di legittima del coniuge sulla casa familiare, ha lasciato in mano a B.B. E.E. e F.F. l’intera disponibile, che era invece interamente assorbita dai diritti sulla casa familiare conseguiti dal coniuge.

8. Per effetto dell’accoglimento del primo motivo, il secondo – che censura il medesimo contenuto della decisione sotto il profilo del vizio di motivazione – rimane assorbito.

9. La sentenza, pertanto, deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, che si atterrà ai seguenti principi di diritto:

“In tema di successione necessaria e in presenza dei presupposti per il riconoscimento dei diritti del coniuge superstite sulla casa familiare ex art. 540, comma 2, c.c., la determinazione della quota riservata che spetta a ciascuno dei legittimari in concorso deve considerare i diritti del coniuge sulla casa familiare, posto che tali diritti, acquistati dal coniuge a titolo di legato, sono sottratti dal relictum ereditario e non anche dal patrimonio sul quale sono calcolate le quote riservate ai legittimari”.

“Secondo quanto dispone l’art. 540, comma 2, c.c. in tema di successione necessaria, qualora il valore dei diritti del coniuge sulla casa familiare superi la disponibile, ma l’eccedenza sia comunque contenuta nella legittima del coniuge, il coniuge stesso, dopo avere prelevato tali diritti secondo la regola dei legati di specie, ha ancora il diritto di avere in proprietà, nella qualità di legittimario, la parte della legittima non assorbita dai diritti sulla casa familiare. Pertanto, nel concorso del coniuge con più figli, la legittima complessiva del coniuge è, in questo caso, pari alla metà dell’asse, comprensiva dei diritti sulla casa familiare, mentre l’altra metà spetta ai figli in parti uguali”.

Il giudice di rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

  • P.Q.M.

Accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

  • Gli Argomenti trattati

- SUCCESSIONI "MORTIS CAUSA" - SUCCESSIONE NECESSARIA - DIRITTI RISERVATI AI LEGITTIMARI - MISURA DELLA QUOTA DI RISERVA - CONIUGE - DIRITTO DI ABITAZIONE E DI USO SUI MOBILI Successione necessaria - Quota riservata dei legittimari in concorso - Riconoscimento dei diritti del coniuge superstite sulla casa familiare - Inclusione degli stessi nella determinazione della quota riservata - Necessità - Ragioni..

  • I riferimenti normativi

- Cod. Civ. art. 540 com. 2, Cod. Civ. art. 556 CORTE COST., Cod. Civ. art. 542.

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