• La Massima

La Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:

In materia di sanzioni amministrative, la sanzione accessoria della revoca della patente può essere autonomamente adottata nel termine di cinque anni dalla commessa violazione – ossia nel rispetto del termine di prescrizione – non essendo imposti termini di decadenza (previsti invece per l’applicazione della sanzione principale) e ciò anche in caso di contestazione differita o di mancato ritiro immediato del documento di guida da parte degli organi accertatori.

(Cass. civ., Sez. II, Ord., 05/05/2023, n. 11792).

  • La vicenda processuale

1. La Prefettura di (Omissis) ha proposto appello avverso la sentenza del Giudice di pace che, in accoglimento dell’opposizione di A.A., aveva annullato la revoca della patente di guida disposta a carico dell’opponente quale sanzione accessoria della violazione degli artt. 176 CDS, sostenendo che la misura era stata tardivamente disposta solo all’esito della definizione del ricorso sulla sanzione principale.

Il Tribunale, riformando integralmente la prima decisione, ha premesso che l’opponente, sanzionato in data 26.11.2017 per aver circolato su strada extraurbana in senso di marcia vietato, aveva impugnato sia la successiva l’ordinanza ingiunzione, confermata dal Giudice di Pace di Perugia, sia la sanzione accessoria della revoca della patente, adottata il 15.11.2019, dolendosi unicamente del fatto che tale revoca era stata adottata ben oltre il termine fissato dalla L. n. 241 del 1990, art. 2, pari a gg. 90 dalla contestazione.

Ha poi dato atto che il provvedimento di revoca era stato regolarmente notificato e che non era in discussione la legittimità della sanzione principale, ha ricordato che l’art. 219, comma 2, CDS non prescrive alcun termine per la notifica del provvedimento di revoca della patente e che, pertanto, l’amministrazione non era decaduta dall’esercizio del potere sanzionatorio.

La cassazione della sentenza è chiesta da A.A. sulla base di due motivi di ricorso.

La Prefettura di (Omissis) ha depositato memoria ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica.

  • I Motivi della decisione

2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 2.

Si assume che la violazione principale era stata commessa in data (Omissis), mentre la revoca era stata disposta solo due anni dopo, in data 11.9.2019, ben oltre un termine ragionevole, non potendosi rimettere alla discrezionalità dell’amministrazione la scelta dei tempi di applicazione delle sanzioni, siano esse principali o anche solo accessorie.

Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c..

L’art. 176, comma 1, lettera a), CDS dispone che sulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli delle strade di cui all’art. 175, comma 1, è vietato invertire il senso di marcia e attraversare lo Spa rtitraffico, anche all’altezza dei varchi, nonchè percorrere la carreggiata o parte di essa nel senso di marcia opposto a quello consentito.

La violazione è punita con la sanzione pecuniaria compresa tra Euro 2046 ed Euro 8186 e con la sanzione accessoria della revoca della patente di guida e del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di tre mesi.

Il procedimento per l’adozione della misura accessoria è autonomamente disciplinato dal successivo art. 219 CDS, prevedendo che l’organo, l’ufficio o comando, che accerta l’esistenza di una delle condizioni per le quali la legge prevede la revoca, entro i cinque giorni successivi, ne dà comunicazione al prefetto del luogo della commessa violazione. Questi, previo accertamento delle condizioni di legge, emette l’ordinanza di revoca e consegna immediata della patente alla prefettura, anche tramite l’organo di Polizia incaricato dell’esecuzione. Dell’ordinanza si dà comunicazione al competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri.

Secondo il costante orientamento di questa Corte la revoca può essere autonomamente adottata nel termine di cinque anni dalla commessa violazione – ossia nel rispetto del termine di prescrizione – non essendo imposti termini di decadenza (previsti invece per l’applicazione della sanzione principale) e ciò anche in caso di contestazione differita o di mancato ritiro immediato del documento di guida da parte degli organi accertatori (Cass. 15694/2020; Cass. 7026/2019; Cass. 8185/2003; Cass. 10373/2006; Cass. 3832/2001), essendosi ripetutamente esclusa l’applicazione del diverso termine di conclusione dei procedimenti amministrativi di cui alla L. n. 241 del 1990, sull’assunto che la disciplina delle sanzioni amministrative è integralmente contenuta nella L. n. 689 del 1981 (Cass. 31239/2021; Cass. 21706/2018; Cass. 4363/2015; Cass. 8763/2010).

3. Il secondo motivo denuncia la violazione della Cost., artt. 24, 2907, comma 1, c.c. e 99 c.p.c., sostenendo che l’amministrazione non aveva contestato la tardività dell’applicazione della sanzione accessoria, per cui la questione non era più esaminabile in appello.

Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c..

La questione devoluta in appello non investiva la sussistenza della responsabilità del sanzionato per la violazione principale, nè circostanze di fatto discusse in giudizio, ma esclusivamente l’individuazione della disciplina applicabile riguardo all’eventuale sussistenza di un termine di decadenza per l’adozione della revoca. Su tali profili non poteva incidere l’atteggiamento difensivo dell’amministrazione, nè era invocabile il principio di non contestazione, che – per la specifica finalità cui esso assolve – ha riguardo a fatti storici sottesi a domande ed eccezioni” da intendersi in senso sostanziale, “imponendo al convenuto l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte” (o, per converso, all’attore di prendere posizione sui fatti modificativi o estintivi allegati dal convenuto), determinando “effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente (Cass. 21403/2022; Cass. 5172/2020; Cass. Cass. 15658/2013).

Tale effetto non si produce riguardo alle norme applicabili alla fattispecie concreta, che è compito cui è tenuto esclusivamente il giudice e che questi è tenuto ad individuare senza essere vincolato alle richieste, alle deduzioni difensive o alle contestazioni delle parti.

Il ricorso è – in conclusione – inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo la Prefettura svolto difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

  • P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

  • La fonte

- Redazione

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