• La Massima

La Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:

Qualora le parti del contratto di locazione di un immobile urbano definiscano transattivamente le liti giudiziarie fra loro pendenti circa la durata del rapporto e l’ammontare del canone, stabilendo, fra l’altro, una determinata scadenza per il rilascio dell’immobile ed un certo corrispettivo per il suo ulteriore godimento, questo nuovo rapporto, ancorché di natura locatizia, trova la sua inderogabile regolamentazione nei patti del negozio transattivo e, in via analogica, nella normativa generale delle locazioni urbane, ma si sottrae – data la sua genesi e l’unicità della causa che avvince il complesso rapporto – alla speciale disciplina giuridica che regola la materia delle locazioni (leggi di proroga legale, legge cosiddetta dell’equo canone e successive modificazioni) cui è assolutamente insensibile. Peraltro il precedente rapporto, che deve ritenersi convenzionalmente estinto alla data della transazione, resta regolato – per quanto riguarda il suo svolgimento e la sua cessazione – dallo stesso negozio transattivo ovvero, in mancanza di patti contrari, dalla normativa ordinaria e da quella speciale previgenti. (In applicazione del principio, la S.C. ha statuito che la rinuncia all’indennità di avviamento contenuta in un accordo, trasfuso nel verbale di conciliazione concluso tra le parti a definizione di un precedente contenzioso tra le stesse, è sottratta alla sanzione della nullità ex art. 79 l. n. 392 del 1978).

(Cass. civ., Sez. III, Ord.,16/02/2023, n. 4947).

  • La vicenda processuale

1. Pronunciando sulle contrapposte pretese indennitarie, restitutorie e risarcitorie, poste ad oggetto di quattro distinti giudizi e nascenti da rapporto di locazione alberghiera, il Tribunale di Lucca, riuniti i procedimenti, con sentenza n. 388 del 2016, respinta ogni altra domanda (tra cui quella di condanna del locatore A.A. al pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, previa declaratoria della nullità del patto di rinuncia contenuto in verbale di conciliazione di precedente procedimento) ha condannato la società ex conduttrice, B.B. Alberghi Sas , al pagamento della somma di Euro 12.000 per risarcimento danni all’immobile rilasciato; ha riconosciuto al locatore il diritto alla indennità per la protratta occupazione dell’immobile dopo la scadenza del contratto, parzialmente compensandolo con il contrapposto credito restitutorio del deposito cauzionale maggiorato degli interessi; ha compensato per tre quinti le spese e condannato la Sas alla rifusione della restante parte.

2. Con sentenza n. 2993/2018, depositata in data 25 gennaio 2019, la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha revocato la condanna ivi pronunciata a carico della conduttrice e condannato invece il locatore, A.A., al pagamento in favore di controparte di complessivi Euro 45.021,24 oltre interessi legali dalla domanda al saldo. Compensato il resto, ha condannato il A.A. alla metà delle spese processuali dei due gradi in favore della B.B. Alberghi Sas in liquidazione, ponendo a definitivo carico delle parti per metà ciascuna le spese di c.t.u..

Per quanto ancora interessa in questa sede la Corte toscana ha in particolare:

– da un lato, in parziale accoglimento del primo motivo dell’appello principale proposto dalla Sas , con il quale era contestata nell’an e nel quantum la pretesa risarcitoria per i danni arrecati all’immobile, ha ridotto ad Euro 5.430, oltre iva, l’importo risarcitorio spettante al locatore, escludendo dal relativo computo il costo dei lavori di unificazione di due piccoli bagni siti al primo piano, avendo ritenuto che la provata partecipazione a tali lavori da parte del locatore, con l’invio di un proprio idraulico per l’installazione ex novo di un impianto da bagno, presupponesse non solo la conoscenza dell’opera, ma anche il consenso a realizzarla;

– dall’altro, in accoglimento del secondo motivo dell’appello proposto dalla Sas (con il quale si contestava che nel verbale di conciliazione redatto in data 17 novembre 2006 a definizione di precedente procedimento di convalida di licenza per finita locazione, intimata dal locatore per la data del 15 giugno 2007, potesse riconoscersi un contenuto transattivo tale da rendere valida la rinuncia ivi espressa all’indennità per la perdita dell’avviamento, ciò anche in considerazione che il relativo diritto non era ancora sorto), ha riconosciuto il diritto della conduttrice all’ottenimento della reclamata indennità; ha in tal senso ritenuto dirimente il rilievo secondo cui, senza che mettesse conto “soffermarsi sulla qualificazione della pattuizione” predetta, “la norma imperativa della L. n. 392 del 1978, art. 79, è violata da qualunque accordo, ordinario o transattivo, antecedente la scadenza del contratto di locazione… riguardante diritti indisponibili che insorgano solo alla cessazione del rapporto, con conseguente nullità della pattuizione in corso del medesimo”.

3. Avverso tale decisione A.A. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste la Sas intimata depositando controricorso.

La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’accoglimento del primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo.

Il ricorrente ha depositato memoria.

  • I Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 34 e 79 e dell’art. 1969 c.c., in relazione alla ritenuta nullità della rinuncia all’indennità espressa dalla conduttrice nel verbale di conciliazione di precedente contenzioso tra le stesse parti.

Deduce che la motivazione sul punto addotta dalla Corte di merito si pone in contrasto con l’indirizzo invalso nella giurisprudenza di legittimità a mente del quale la nullità prevista dall’art. 79 legge eq. can. colpisce solo la rinuncia preventiva all’indennità di cui all’art. 34 della stessa legge, ma non anche quella espressa successivamente alla conclusione del contratto, quando il conduttore non si trova più in una posizione di debolezza per il timore di essere costretto a lasciare l’immobile dove svolge l’attività commerciale, restando in tal caso consentito alle parti di negoziare in ordine ai diritti nascenti dal contratto ed in particolare in ordine al diritto all’indennità di avviamento.

Sostiene che in tale ultima prospettiva andava letta la vicenda de qua, rimarcando che la B.B. Alberghi non ha rinunciato all’indennità di avviamento al momento dell’inizio del rapporto locatizio bensì in prossimità della scadenza dello stesso e, segnatamente, nell’ambito di un giudizio per convalida della licenza per finita locazione, quando il suo diritto all’indennità per perdita di avviamento era certamente sorto e dunque da considerarsi disponibile.

Quella per cui è causa, secondo il ricorrente, non è stata una rinuncia preventiva, bensì una “concessione” riguardo ad un diritto certamente disponibile ex art. 1965 c.c., che la B.B. Alberghi ha fatto, in prossimità della scadenza del rapporto locatizio, nell’ambito di un verbale di conciliazione giudiziale volto a porre fine a una lite.

Soggiunge che a tale accordo non poteva non riconoscersi contenuto transattivo dal momento che a fronte della rinuncia all’indennità la B.B. otteneva con essa, secondo il sinallagma tipico dell’art. 1965 c.c., il vantaggio di poter godere di una proroga sino al 1 giugno 2012 della scadenza per il rilascio dell’immobile, la cui disponibilità sarebbe altrimenti venuta meno il 15 giugno 2007.

Donde l’ulteriore errore ascritto alla sentenza impugnata, consistito nella negata operatività dell’art. 1965 c.c..

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c..

Lamenta che l’esclusa ascrivibilità a responsabilità del conduttore del costo dell’unificazione di due vani bagno in uno solo è in sentenza sorretta da motivazione apparente in quanto meramente adesiva a quanto prospettato dalla difesa della B.B. Alberghi nelle note conclusive.

Secondo il ricorrente, quanto addotto in motivazione non rende percepibili “i fondamenti logico-giuridici seguiti dalla Corte nel decidere che l’opera di unificazione fosse anche voluta dal locatore”.

3. Il primo motivo di ricorso è fondato, nei termini appresso precisati.

Secondo principio risalente, ma costantemente ribadito nella giurisprudenza di legittimità, “qualora le parti del contratto di locazione di un immobile urbano definiscano transattivamente le liti giudiziarie fra loro pendenti circa la durata del rapporto e l’ammontare del canone, stabilendo fra l’altro una determinata scadenza per il rilascio dell’immobile ed un certo corrispettivo per il suo ulteriore godimento, questo nuovo rapporto, ancorchè di natura locatizia, trova la sua inderogabile regolamentazione nei patti del negozio transattivo e, in via analogica, nella normativa generale delle locazioni urbane, ma si sottrae – data la sua genesi e l’unicità della causa che avvince il complesso rapporto – alla speciale disciplina giuridica che regola la materia delle locazioni (leggi di proroga legale, legge c.d. dell’equo canone e successive modificazioni) cui è assolutamente insensibile. Peraltro, il precedente rapporto, che deve ritenersi convenzionalmente estinto alla data della transazione, resta regolato – per quanto riguarda il suo svolgimento e la sua cessazione – dallo stesso negozio transattivo ovvero, in mancanza di patti contrari, dalla normativa ordinaria e da quella speciale previgenti”; “la transazione così conclusa, rimanendo irrilevanti i motivi e gli interessi sottesi al raggiungimento di tale accordo sopravvenuto, non è nulla per contrarietà al disposto della L. n. 392 del 1978, art. 79 (ancora in vigore limitatamente alle locazioni non abitative per effetto della L. n. 431 del 1998, art. 14, comma 4), poichè tale norma, volta ad evitare l’elusione dei diritti del conduttore a mezzo di rinuncia preventiva ad essi, non esclude la possibilità di disporre dei diritti stessi, una volta che i medesimi siano già sorti” (v. Cass. n. 3634 del 19/06/1984; Cass. n. 3270 del 26/03/1991 che tale principio ha ritenuto correttamente applicato dal giudice di merito che, in adesione ad esso, aveva negato il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale; ma v. anche Cass. n. 11806 del 14/11/1995; Cass. n. 3984 del 22/04/1999, che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto sottratta alla sanzione della nullità della L. n. 392 del 1978, ex art. 79, “la rinuncia implicita alla indennità di avviamento contenuta in un contratto di transazione”; v. anche Cass. n. 9197 del 09/06/2003; n. 2148 del 31/01/2006; n. 23910 del 09/11/2006; n. 24458 del 24/11/2007; n. 4714 del 25/02/2008; n. 2494 del 30/01/2009; n. 11947 del 17/05/2010).

Alla luce di tale principio l’accertamento della natura transattiva o meno dell’accordo trasfuso nel verbale di conciliazione concluso tra le parti a definizione di precedente contenzioso tra le stesse (nel quale si dibatteva intorno alla effettiva data di cessazione del pregresso rapporto locativo nonchè alla riconducibilità o meno di essa ad un recesso della conduttrice), lungi dal potersi considerare, come ha fatto la Corte, questione sulla quale era inutile soffermarsi, assumeva rilievo centrale ai fini della definizione della controversia, per i profili ancora in discussione. E con essa, ovviamente, sicuro rilievo assumevano anche le censure al riguardo svolte dall’appellante dirette a contestare che, nella specie, potessero ravvisarsi nella specie i presupposti e il contenuto di una valida transazione.

Nè può considerarsi scriminante, come sembrano ritenere i giudici a quibus, il fatto che l’accordo transattivo sia intervenuto anteriormente alla scadenza del contratto di locazione, dal momento che è nella logica dell’esposto principio e ne costituisce anzi esplicito corollario l’affermazione che proprio la transazione venga a segnare essa stessa, con la previsione di una più lontana scadenza, anche la cessazione convenzionale del rapporto precedente.

Va peraltro rammentato che, secondo principio ormai acquisito nella più recente giurisprudenza di questa Corte, “la L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79, il quale sancisce la nullità di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto di locazione o ad attribuire al locatore un canone maggiore di quello legale, ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge stessa, non impedisce al conduttore di rinunciare all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, purchè ciò avvenga successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che il conduttore si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la richiamata disciplina è preordinata” (Cass. n. 15373 del 13/06/2018; n. 24221 del 30/09/2019; n. 12405 del 24/06/2020; n. 18324 del 07/06/2022; n. 22826 del 21/07/2022).

4. Il secondo motivo – al di là dell’ininfluente erroneo riferimento alla previsione di cui al n. 5, anzichè al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., comma 1 (v. Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931), denunciandosi con esso un error in procedendo – è manifestamente infondato.

La motivazione addotta sullo specifico tema di lite in questione è perfettamente comprensibile e spiega chiaramente le ragioni della preferenza accordata alla tesi difensiva dell’appellante; ragioni rappresentate: a) dagli elementi desunti dalla deposizione del teste D.D. (ossia dalla circostanza appurata attraverso quella deposizione che il bagno fu installato “per conto” del A.A.); b) dall’inferenza logica da quella circostanza tratta in base alla quale vi era ragione di ritenere che il A.A. aveva acconsentito alla unificazione dei bagni.

Si tratta evidentemente dell’esito di una valutazione probatoria, tipico giudizio di merito come tale non sindacabile nel giudizio di legittimità, tanto meno sul piano dell’osservanza del dovere motivazionale ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Non si tratta di adesione immotivata all’assunto avversario, ma di condivisione spiegata della sua fondatezza.

La censura ex art. 132, n. 4, è dunque priva di consistenza, mentre, come detto, quella ai sensi dell’art. 360, n. 5, non trova alcun conferente supporto nella illustrazione del motivo.

5. In accoglimento, dunque, del (solo) primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

  • P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione; rigetta il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, comunque in diversa composizione, alla quale demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

  • Gli Argomenti trattati

- TRANSAZIONE - IN GENERE (NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI) Accordi transattivi conclusi dalle parti di un contratto di locazione - Pattuizione relativa alla data di rilascio dell'immobile e al corrispettivo per il suo ulteriore godimento - Regolamentazione del nuovo rapporto instaurato per effetto dell'accordo transattivo - Riconducibilità all'accordo medesimo - Sanzione di nullità ex art. 79 della l. n. 392 del 1978 - Ambito di applicazione - Estensibilità agli accordi transattivi incidenti su situazioni giuridiche e patrimoniali già sorte e disponibili - Esclusione - Fattispecie.

  • I riferimenti normativi

- Cod. Civ. art. 1571, Cod. Civ. art. 1965, Legge 27/07/1978 num. 392 art. 79 CORTE COST.

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